La Bibbia e la Storia

Il Razionalismo, che ha pervaso il pensiero occidentale a partire dal diciassettesimo  secolo, ha cercato di liberare l’uomo dai timori, dalla superstizione e dai vincoli che lo legavano dalla notte dei tempi. Nella speranza di potere tutto, affrontare e capire tutto con il lume del proprio intelletto, l’uomo è arrivato ad accettare solo gli aspetti della vita che era in grado di affrontare, studiare e decifrare; sacrificando molto (troppo) alla dea ragione, l’uomo si è fatto misura di tutte le cose: i limiti del suo intelletto sono diventati i limiti del reale nei suoi vari aspetti e così, paradossalmente, il finito ha preteso di comprendere l’infinito e la creatura col comprendere il suo Creatore.
Ovviamente al vaglio critico della ragione sono passati tutta la Scrittura e i suoi protagonisti, primo fra tutti, Gesù Cristo. Per quanto concerne la Scrittura, è stata messa in discussione la sua storicità e quindi, come naturale conseguenza, la sua ispirazione.

Se la storia umana non ha memoria di alcuni popoli, eventi, personaggi menzionati solo dalla Bibbia, la conclusione che il razionalismo umano trae è che questi devono essere stati inventati dagli scrittori sacri. Questa la banale conclusione a cui rinomati studiosi sono più volte arrivati, mentre altri, forse più rispettosi verso la Scrittura o forse semplicemente più timorosi, si sono limitati a sostenere che la concreta realtà storica di quei popoli è stata adattata, strumentalizzata dagli scrittori sacri, per illustrare e dare spessore ad un messaggio teologico vero. Pienamente autentico e genuino quindi rimarrebbe solo il messaggio e non il contesto che lo sorregge. Tanto gli studiosi più all’avanguardia, quanto i più “riguardosi”, sono stati però ripetutamente smentiti da nuovi ritrovamenti archeologici, dalle decifrazioni di ulteriori documenti e da altro ancora.
La Bibbia parla della città di Babilonia che la scienza ha considerato frutto della mitologia scaturita dalle Scritture finché nel XIX secolo le rovine di Babilonia non riaffiorarono dall’oblio della storia.
Si sosteneva, ad esempio, che la scrittura non fosse stata ancora inventata all’epoca di Mosé e si negava quindi a gran voce ogni possibile paternità mosaica del Pentateuco; oggi però sappiamo che negli anni dell’Esodo e della stessa schiavitù in Egitto la scrittura esisteva eccome; nulla di più naturale allora che colui che condusse alla libertà il popolo ebraico registrasse per iscritto quel grandioso evento, esattamente come riporta la Bibbia.
Per fare un altro esempio, oggi possiamo sostenere, prove archeologiche alla mano, che la Samaria fu effettivamente conquistata dal re Sargon, secondo quanto dichiara la Scrittura: ancora una volta, allora, vengono smentite tutte quelle voci che consideravano il sovrano un semplice parto della fantasia degli autori sacri per sostenere le proprie tesi teologiche. Questi esempi e molti altri ancora confermano che la Bibbia aveva ragione ed i razionalisti puntigliosi no!

La stessa figura di Cristo è stata messa in discussione per quanto riguarda il suo messaggio, per i suoi miracoli, per la sua resurrezione e, ovviamente, per la sua stessa esistenza storica; oppure è stato di volta in volta considerato solo come un filosofo, solo come un mago, anche come un rabbi vagabondo, certo più saggio e spirituale degli altri, ma nulla di più! Addirittura c’è stato chi, negando completamente la sua realtà storica, ha voluto vedere in Lui la semplice incarnazione di un bisogno, di una speranza, che via via nel corso del tempo si è caratterizzato, fino ad assumere i connotati di una persona fisica. E c’è ne ha trasfigurato l’immagine come quella del più grande socialista di tutti i tempi. Tuttavia, per chi voglia osservare le prove con serena obiettività, la storia può ormai accertare l’esistenza del personaggio Gesù. Tra i testi più antichi possiamo annoverare le stesse carte imperiali romane, tra le quali la corrispondenza tra il Governatore della Bitinia Plinio il Giovane e l’imperatore Traiano; oppure quanto scritto da Svetonio e Tacito, due dei più grandi storici dell’epoca. Gli stessi documenti di origine giudaica, quali gli scritti di Giuseppe Flavio o il Talmud babilonese, attestano l’esistenza storica di Gesù, dandone ovviamente un ritratto deformato per fini politici, ma comunque preziosissimo per chi volesse prove storiche dell’esistenza del Nazareno. Ecco allora che la storia, per chi la esamini senza spirito di partigianeria si armonizza con la Scrittura e ne viene da essa illuminata.

Oggi più di ieri, grazie alle recenti scoperte storico-archeolgiche, abbiamo la certezza che la storia conferma la veridicità dei personaggi biblici, ma la fede, che la Bibbia vuole trasmettere, non ci può venire dalla storia: la fede viene dall’alto!
Il Gesù la cui esistenza la storia è in grado di provare era davvero il Cristo? Su questo punto la storia non può che tacere per dare spazio alla fede.
Un giorno Gesù domandò ai suoi discepoli:

“Chi dice la gente che io sia? (Vangelo di Matteo 16:13) e Pietro rispose:
“Tu sei il Cristo, il Figlio dell’Iddio vivente” (Vangelo di Matteo 16:16)

il commento di Gesù è emblematico:

“Non carne o sangue te l’hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli”
(Vangelo di Matteo 16:17).

I contemporanei potevano dire di aver incontrato un uomo con il potere di guarire, con le parole e lo spirito dei profeti, e la storia può ora confermarlo. Ma solo la fede può confermarci personalmente che Egli era il Messia, il Salvatore. Le prove storiche possono e devono rafforzare la nostra fede, ma non potranno mai costruirla ne sostituirla.
Il grande fisico Stephen Hawking, nel chiudere il suo libro “dal Big Bang ai Buchi Neri” affermò che la scienza cerca di osservare sempre più lontano nel cosmo per osservare il primo istante della creazione; e potrebbe riuscire a vedere quell’attimo; e potrebbe arrivare a vedere il dito di Dio.
Vedere Dio senza aver fede in Dio sarebbe come se Tommaso avesse toccato con il suo dito la piaga nel costato di Gesù. Tommaso è diventato una figura proverbiale dell’incredulità. Ma quello che pochi sanno è che Tommaso, invitato da Gesù a toccare con mano le prove della sua risurrezione, non lo fece. E per fede credette.

Or Tommaso, detto Didimo, uno dei dodici, non era con loro quando venne Gesú. Gli altri discepoli dunque gli dissero: "Abbiamo visto il Signore!"
Ma egli disse loro: "Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi, e se non metto il mio dito nel segno dei chiodi, e se non metto la mia mano nel suo costato, io non crederò". Otto giorni dopo, i suoi discepoli erano di nuovo in casa, e Tommaso era con loro. Gesú venne a porte chiuse, e si presentò in mezzo a loro, e disse: "Pace a voi!" Poi disse a Tommaso: "Porgi qua il dito e vedi le mie mani; porgi la mano e mettila nel mio costato; e non essere incredulo, ma credente". Tommaso gli rispose: "Signor mio e Dio mio!" (Vangelo di Giovanni 20: 24-28)